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Bio-Filmography

Filmografia anni 60

La verifica incerta

Regia e montaggio: Gianfranco Baruchello, Alberto Grifi.
Italia, 1964, col., 47'.

Colore, originariamente copie cinemascope 35mm. al termine della distribuzione di sala, rimontate in moviola e poi controtipate su internegativo 16mm.

Un cast di eccezione!

Clark Gable, Gregory Peck, Susan Hayward, Tyrone Power, Jennifer Jones, Victor Mature, la regina Elisabetta d'Inghilterra, Filippo di Edimburgo, Marcel Duchamp, Rock Hudson, Curd Jurgens, Deborah Kerr, James Mason, Charlton Heston, Leslie Caron, Daniel Gelin, Cesar Romero, Rossano Brazzi… e molti altri, nel film:

… era ancora più evidente l'ideologia guerrafondaia di quei western, lasciando tutte le attese e le inquietudini del cow-boy che prende eternamente la mira; ci incrociavamo contro-campi da film diversi, introducevamo controcampi sbagliati, e costruivamo altre storie, anche: per esempio il cambiamento di sesso di Eddie Spanier. Mescolammo le lotte corpo a corpo dei pellerossa contro i soldati della cavalleria yankee, dei Sik rivoltosi contro le sentinelle dell'esercito inglese; gli aggressori (scuri di pelle) saltavano addosso alle loro vittime (visi pallidi) agguantandole per le terga... le coppie si rotolavano convulsamente nella sabbia degli accampamenti nel deserto dell'Arizona o nelle praterie del Colorado finché qualche commilitone "dei nostri" interveniva per salvare il sottomesso con un colpo di Winchester o di una Colt... Poi intrecciammo queste scene col compagno d'armi di Eddie Spanier interrogato sul lettino operatorio, che fa vedere agli ufficiali una foto in cui è abbracciato cameratescamente a Eddie sorridendo al fotografo e confessa con un filo di voce: "abbiamo fatto la guerra insieme, ci siamo sposati da due mesi, nessuno lo sa, nessuno lo sa..." Così, attraverso questi slittamenti di montaggio, facevamo emergere le pulsioni che quei film rimuovevano: la temutissima omosessualità maschile di quegli eroi muscolosi, virili e maccartisti, allevati a latte e bistecche; i nipoti dei pionieri che avevano ripulito l'America dai pellerossa e che avevano a loro volta "salvato" la Corea dai comunisti e il mondo dai giapponesi con le bombe di Hiroshima e Nagasaki…

Perché da un sottoscala facemmo a pezzi Hollywood
Questa versione-spiegazione radiofonica di Alberto Grifi sulla Verifica Incerta fu trasmessa da Rai radio uno ( Fonosfera, segmenti, percorsi e dinamiche sonore in una proposta di laboratorio a cura di Armando Adolgiso e Pinotto Fava ) il Primo Gennaio del 1981 col titolo Se ci fosse una porta busserei .

Cara Elisabeth,
credo di avere ancora da qualche parte mucchi di scatole di statico, pellicola positiva o negativa di scarto, che si usa per fare il silenzio da alternare in moviola ai pezzi sonori di perforato magnetico. C'è di tutto: le varianti della stessa scena, le ripetizioni dei gesti degli attori, gli errori, le interruzioni, i messaggi in coda alle inquadrature che il direttore della fotografia manda al datore-luci della stampa attraverso, metti, Vittorio De Sica con espressione improvvisamente cambiata che regge il cartellino "sera illuminata", o Anna Magnani, Nannarella, col ciacchista che mostra all'obiettivo la scritta "interno giorno". Poi i fermi di macchina, che sono i fotogrammi esposti casualmente dall'operatore per centrare lo specchio dell'otturatore che rimanda l'immagine neIla loupe, dove per 2 o 3 fotogrammi si può vedere, sovraesposto, ciò che succede nella pausa tra uno stop e un ciak: la parrucchiera che ravvia i riccioli della diva, l'attrezzista che regge l'ombrello o il truccatore che tampona il sudore, che rinfresca le ferite…

Queste pizze di statico, dunque, nate più sui tavoli passarulli a manovella che in moviola, "fatte su" da assistenti che non hanno certo né il tempo né la voglia di guardare di che film si tratta, ma solo il dovere di assicurarsi che si tratta di uno scarto, rulli considerati non come film di immagini che raccontano storie ma solo come pellicola a metraggio, non passeranno mai sugli schermi neppure per sbaglio.

Ebbene, con tutti questi chilometri di pellicola acquistati al prezzo del macero, si può andare in proiezione… e tornerà in campo qualcosa di più di uno screening perverso, di tutto ciò che è scartato dal significato. Destinato in partenza a rimanere fuori campo come scarto di lavorazione, ridonda un'enorme complessità semantica e in ogni caso offre all'analisi cinematografica una ricchezza di linguaggio e di contenuti assai più stimolante di qualsiasi film famoso.

Ma c'è di più. Il linguaggio con cui mi parlano questi rulli costituiti da scorie di lavorazione, è quello delle pratiche Iavorative che i salariati del cinema svolgono fuori campo, nella penombra del set, nella penombra della moviola, nelle "sale positivi" degli stabilimenti di sviluppo e stampa. Da questi rulli, per chi abbia voglia di Ieggerli, esce una pulsione che traspare da questo strano rimontaggio casuale, collettivo, disattento, inconscio. Una pulsione che viene su dai gesti ripetitivi e insulsi, dalla catena di lavorazione della manodopera in grembiule, quella più bassa dell'industria della celluloide, quella per la quale il cinema è solo un incubo da dimenticare tutte le sere…rendendo evidente lo schema fasullo del racconto, gli errori, le lacrime sgocciolate dal truccatore, che rendono visibile il falso contrapposto alla vita vera. E' il grottesco del cinema dei produttori e dei profitti, il linguaggio dominante che non parla la lingua di chi il cinema lo fa. Con pochi fotogrammi ci avverte che la manovalanza che il film lo costruisce è espropriata dalla propria vita mentre è asservita al fittizio.

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E dal momento che gli spettatori, nel buio dei cinema e della loro vita, rimettono in circolazione nei loro cuori inariditi le bugìe del cinema di cartapesta, perché non c'è più separazione tra platea e schermo, e da tutti e due i fronti si raccontano le stesse bugìe, lo spettacolo è totale.

Era da qui, quando le ragazze della moviola praticano la distruzione dei film che ancora puzzano di acido acetico, mentre magari sentono che fuori dello stabilimento è primavera, era in questa sottile vendetta, in questo pigro massacro cinematografico, che smonta ciò che l'industria spettacolare monta, che andava cercata la vera opposizione, che andava cercato come alleato chi è costretto a rimanere dietro le quinte e che pronuncia un linguaggio distruttivo, un linguaggio tra le cui righe si intravede la tensione alla vita vivente e non la sua rappresentazione falsificata.

Le sceneggiature vengono spesso scritte sulla statistica degli indici di gradimento, cioè sulla base degli indici di incasso. Ormai tutti sanno che i film vengono progettati e realizzati insieme a un'enorme quantità di merci che seguitano a riprodurlo e moltiplicarlo fuori dalle sale. Superman viene lanciato non solo dai distributori del film ma da quelli che stampano i fumetti, le figurine, dai manager delle catene dei supermercati perché Superman è anche un giocattolo, è una maglietta, un chewingum, etc. Non solo il film diventa dunque la pubblicità delle merci messe in vendita, ne costituisce l'ideologia per così dire, ma le merci che lo riproducono dagli scaffali dei supermercati sono pubblicità a loro volta per il film-carosello.

Tra gli altri, hanno scritto sul film:

  • Umberto Eco (Il romanzo sperimentale 1965 e Postille a "il nome della rosa"1988),
  • Patrizia Vicinelli (Marcatre 1966 e Fantazaria 1967),
  • Giordano Falzoni (Marcatre 1968)
  • Fernanda Pivano (Domus 1969),
  • Germano Celant (L'art en Italie depuis '59 - Centre Georges Pompidou),
  • Sirio Luginbhul (Cinema underground oggi 1974),
  • Stephen Dwoskin (Film is. The international free cinema - the overlock press, New York 1975),
  • Adriano Aprà (l'art vivant 1975),
  • Sirio Luginbhul e Raffaele Perrotta (Lo schermo negato, Shakspeare and Co. 1976),
  • Alain Jouffroy (Per B. ediz. Essegi 1992),
  • Roberto Silvestri (Il cinema contro di A.G. 1993),
  • Edoardo Sanguineti e Enrico Ghezzi (interviste raccolte da Maraboshi 2004)